Terremoto dell'Irpinia
Accingendoci ad illustrare il terremoto che colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale, visto dalla parte dei soccorritori, sappiamo già da ora che non potremo raccontare tutte le vicissitudini ed i drammi che hanno vissuto i colleghi che intervennero in questa immane tragedia.
Tutti noi partecipammo, chi partendo con le prime Sezioni della Colonna Mobile di Torino e chi nei giorni successivi, ma tutti vivemmo il tragico malfunzionamento della macchina dei soccorsi e constatammo la disorganizzazione ed il caos che regnava.
Le riflessioni che seguiranno sono una piccola testimonianza di ciò che abbiamo vissuto la tragica domenica del 23 novembre 1980.
Tutti noi partecipammo, chi partendo con le prime Sezioni della Colonna Mobile di Torino e chi nei giorni successivi, ma tutti vivemmo il tragico malfunzionamento della macchina dei soccorsi e constatammo la disorganizzazione ed il caos che regnava.
Le riflessioni che seguiranno sono una piccola testimonianza di ciò che abbiamo vissuto la tragica domenica del 23 novembre 1980.
La scossa
Una forte scossa di terremoto, del IX° grado della scala Mercalli (6,5 gradi Richter), si verificò domenica 23 novembre 1980 ed i Vigili del Fuoco di Torino, oltre logicamente ai colleghi della Campania e Basilicata, furono i primi a saperlo.
Erano 19,30 ed un collega, prima di prendere servizio, stava telefonando alla fidanzata che risiedeva in Campania e durante la conversazione, alle 19,38 in punto, la sentì esclamare: “..il terremoto…c’è il terremoto!..” dopodiché cadde la linea.
Erano 19,30 ed un collega, prima di prendere servizio, stava telefonando alla fidanzata che risiedeva in Campania e durante la conversazione, alle 19,38 in punto, la sentì esclamare: “..il terremoto…c’è il terremoto!..” dopodiché cadde la linea.
Il collega venne ad avvisarci e, dopo aver preso servizio ed effettuata la verifica serale, ci recammo davanti al Centralino dove c’era il televisore acceso e dal quale stavano già trasmettendo le prime notizie.
Senza attendere la disposizione dell’Ispettorato ma conscio della gravità dell’evento, il Capo Sezione Franco Garella, fece predisporre due Sezioni Operative nella composizione “terremoto”. Alle 22,00 circa giunse l’ordine di partire. Al Comando di Torino vi erano molti colleghi provenienti dalla Campania che non riuscivano a mettersi in contatto con i propri famigliari in quanto le linee telefoniche erano in tilt. Il Capo Sezione decise allora di modificare la formazione delle Sezioni Operative consentendo ad essi di partire per primi. Le notizie, anche se frammentarie, che giungevano attraverso la televisione e la radio facevano supporre un evento gravissimo ma mai come lo potemmo vedere e vivere di persona quando giungemmo sul posto, si contarono 2.914 morti, 280.000 sfollati e 8.848 feriti. |
Centralino - Sala Radio
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Il mattino successivo venne disposto un nuovo invio di personale e mezzi, con l’attrezzatura necessaria per allestire un Campo Base.
Campo Base Piemonte
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Il Campo BaseIl Campo Base Piemonte fu installato nel piazzale, adibito a parcheggio, dello Stadio “Partenio” di Avellino, difronte alla Tribuna “Montevergine”.
Il piazzale era, purtroppo, una conca e le incessanti piogge che flagellarono la zona per lungo tempo lo trasformarono in una piscina. Nelle tende, per non restare con gli stivali di cuoio immersi in 20 cm di acqua, furono posizionate delle pedane ma l’umidità permeava tutti gli indumenti, i materassi , le coperte, le lenzuola nonché lo stesso personale. |
Il nostro lavoroNei primi 10 giorni regnava il caos più totale, non vi era nessuna programmazione del servizio da espletare e le squadre venivano allertate, dagli stessi abitanti, per segnalare la presenza di cadaveri o lamenti provenienti dalle abitazioni crollate.
Nonostante il terremoto avesse creato un “cratere sismico” di 17.000 km² che si estendeva dall'Irpinia al Vulture, che comprendeva le province di Avellino, Salerno e Potenza e giungessero notizie di paesi ancora isolati dove non erano ancora giunti i soccorsi, molte Sezioni operative venivano fermate ad Avellino e li restavano in stand by. Dopo soli cinque giorni dall’evento e nonostante la richiesta impellente, che rivolgevamo ai nostri responsabili, di essere inviati nei paesi che sapevamo ancora isolati, ci fu ordinato di andare a fare un sopralluogo presso un’abitazione del centro di Avellino per verificare se era possibile recuperare, dalla cantina, l’olio e la salsa del proprietario… A fronte del nostro fermo rifiuto fummo minacciati di denuncia ma non successe nulla. A fronte di tale sfacelo, alcune Squadre decisero di cercarsi “autonomamente” il lavoro. |
Nel centro di Avellino vi era, speriamo vi sia ancora, il Vicolo S. Antonio Abate. Nella costante ricerca di “lavoro” effettuammo un sopralluogo in tale vicolo, constatando che molte facciate erano crollate ed all'interno, come in una casa di Barbie, si vedevano le tavole ancora imbandite ed i panni stesi ai balconi. Essendo l’ora tarda e non essendovi illuminazione, stante anche la palese instabilità degli edifici, decidemmo di proseguire il sopralluogo il giorno successivo. Il mattino dopo, con nostra grande sorpresa, vedemmo che l’accesso al vicolo era stato transennato ed era presidiato da militari, per impedire saccheggi…. così ci dissero. Mentre parlavamo con i militari giunse un tale che si qualificò come Tecnico del Comune il quali tentò di dissuaderci dal proseguire il sopralluogo in quanto l’intero vicolo risultava essere “disabitato”. A fronte della nostra osservazione sul fatto che, essendoci tavole imbandite e letti fatti, risultava difficile credere al fatto che tali case non fossero abitate, ci fu risposto che al Comune risultava un ordinanza di inagibilità emessa, addirittura, in occasione del precedente terremoto verificatosi , ci pare di ricordare nel 1962 e per tali ragioni non necessitava effettuare alcuna ricerca di persone eventualmente rimaste sotto le macerie perché….li non ci “doveva” abitare nessuno. |
Il sopralluogo fu comunque proficuo in quanto ci permise un approvvigionamento di generi alimentari di prima necessità, prelevati non senza pericolo dai frigoriferi e dispense delle case crollate ed indispensabili per la nostra sopravvivenza in quanto, da tre giorni, eravamo a digiuno.
Il vettovagliamentoAl di là del sacchetto con i viveri per il viaggio, consistenti in tre panini, al Campo Base Piemonte non vi erano viveri e non era possibile nemmeno l’approvvigionamento in quanto tutti i negozi ed i magazzini della città erano chiusi ed il Comando di Avellino era in grado di fornirci solamente grandi forme di pane, sovente stantio.
Tra le varie assurdità che fummo costretti a vedere e subire, la più incredibile, fu quella relativa al “Furgono Viveri”. Il Comando di Torino inviò un OM Leoncino con derrate alimentari, pasta, olio, pelati, ecc. ma siccome il Campo era “Regionale” sorse il dubbio se tali viveri fossero destinati al solo personale di Torino o ai colleghi dell’intera regione. Nel dubbio ed in attesa di conoscere l’illuminato parere dell’Ispettore Regionale del Piemonte… il furgone rimase chiuso! Ci aggiustammo “requisendo” generi alimentari dove capitava. |
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Durante la ricerca delle salme di due anziani, deceduti nel crollo della loro casa, trovammo una caciotta ed una scatola di tonno nel cassetto di un tavolo sotto le macerie,...ad un metro o poco più da una delle vittime…
Con uno sguardo, il Capo Squadra Mario Bianco, ci fece capire che... a và bin, a và bin!.
Dopo qualche giorno giunse, finalmente, l’autorizzazione ad aprire il furgone ma, a causa delle incessanti piogge che avevano causato infiltrazioni al suo interno, gran parte delle confezioni risultarono fradice di acqua e non più commestibili.
La prima vera cena, il cuoco era il Capo Squadra Luciano Zecchinato, era costituita da una brodaglia insipida nella quale galleggiavano pezzi di carota, sedano e patate con qualche cannellino di pasta.
Il confezionamento di tale “minestra”, ci fu confidato, consistette nel far bollire, contemporaneamente, i pochi ingredienti disponibili in abbondante acqua….ma, almeno… era calda.
Con uno sguardo, il Capo Squadra Mario Bianco, ci fece capire che... a và bin, a và bin!.
Dopo qualche giorno giunse, finalmente, l’autorizzazione ad aprire il furgone ma, a causa delle incessanti piogge che avevano causato infiltrazioni al suo interno, gran parte delle confezioni risultarono fradice di acqua e non più commestibili.
La prima vera cena, il cuoco era il Capo Squadra Luciano Zecchinato, era costituita da una brodaglia insipida nella quale galleggiavano pezzi di carota, sedano e patate con qualche cannellino di pasta.
Il confezionamento di tale “minestra”, ci fu confidato, consistette nel far bollire, contemporaneamente, i pochi ingredienti disponibili in abbondante acqua….ma, almeno… era calda.
Non esistevano tavoli e sedie ed i pasti si consumavano, seduti sulla propria branda, con i piedi sulle pedane essendoci “acqua corrente” in tutte le tende.
La costruzione dei tavoli fu ideata asportando, in maniera fraudolenta, i cartello pubblicitari installati a bordo del campo da calcio dello Stadio Partenio e proseguì fino a quando, accortosi il guardiano dei furti, colse in flagrante un collega che corse il rischio di pagare tutti i cartelloni asportati precedentemente.
La costruzione dei tavoli fu ideata asportando, in maniera fraudolenta, i cartello pubblicitari installati a bordo del campo da calcio dello Stadio Partenio e proseguì fino a quando, accortosi il guardiano dei furti, colse in flagrante un collega che corse il rischio di pagare tutti i cartelloni asportati precedentemente.
Servizi IgieniciAl Campo Piemonte non vi erano docce o servizi igienici e quelli dello Stadio erano logicamente chiusi.
Di giorno si usufruiva dei WC delle case diroccate, restando sempre in allerta per paura di nuovi crolli, ma di sera ed al mattino il problema era ”pressante”. Le collinette che attorniavano l’impianto sportivo divennero quindi una cloaca a cielo aperto che costringeva i colleghi ad improbabili slalom o, peggio, a venefiche scivolate. Analogamente, restava insoluto il problema docce e, al di là della barba che era divenuta un contrassegno peculiare di tutti i pompieri, l’assenza di igiene iniziava a creare qualche problema di convivenza… |
Dalla parte opposta dello Stadio era installato il Campo Base Lazio e, grazie all’interessamento dell’allora Comandante di Roma Ing. Elveno Pastorelli, furono messe a disposizione dei colleghi i servizi igienici e le docce dell'impianto sportivo e fu addirittura installata una linea telefonica “gratis” per chiamare a casa.
Il problema che si pose, analogo a quello del Furgone Viveri fu: “...i servizi, le docce ed il telefono sono per il personale del Campo Base Lazio o sono per tutti?"
La vertenza venne risolta dallo stesso Pastorelli, in un incontro con i rappresentanti sindacali di Torino presenti nel Campo Base Piemonte, che intelligentemente autorizzo l’accesso ai servizi “anche” ai piemontesi…
Il problema che si pose, analogo a quello del Furgone Viveri fu: “...i servizi, le docce ed il telefono sono per il personale del Campo Base Lazio o sono per tutti?"
La vertenza venne risolta dallo stesso Pastorelli, in un incontro con i rappresentanti sindacali di Torino presenti nel Campo Base Piemonte, che intelligentemente autorizzo l’accesso ai servizi “anche” ai piemontesi…
Le comunicazioniAnche comunicare con i propri famigliari era un impresa, non esistevano ancora i cellulari e le reti telefoniche continuavano ad essere in tilt.
Fino alla installazione della linea telefonica al Campo Base Lazio, che avvenne dopo parecchi giorni, si riusciva, a volte, a parlare via radio, attraverso l’interconnessione con il Centro Radio Nazionale, con il Centralino del Comando di Torino I colleghi Centralinisti di Torino, dimostrando grande sensibilità, annotavano i numeri telefonici dei nostri famigliari, provvedendo poi a chiamarli per rassicurarli sulle nostre condizioni. |